III. Le ricette
Le ricette di molti piatti cremonesi per i dì di festa, dai marubini alla gallina ripiena lessa, dai biligòt alla bertolina, dai fagiolini con le cotiche alla patona, sono già stati riportate nel volume I Cremonesi a tavola o in quelli monografici dedicati a torrone, mostarda, marubini. Mi sembrava ripetitivo riportarle ancora, così ho preferito trascrivere quelle tratte, in occasione di questa ricerca, da una raccolta di ricette di Ugo Tognazzi, da altri ricettari di Cremona e Soresina, dalle pagine de La Provincia dedicate alla Pasqua da Luciano Dacquati e dalla voce di alcuni ristoratori. | ||||
I marubini | Ugo Tognazzi | |||
È una ricetta di Ugo Tognazzi, grande attore, appassionato gastronomo, pieno di nostalgia per la sua Cremona. Ci sono varianti personalissime come gli amaretti, i canditi e la grappa inserita nel ripieno, …ma si sa al grande Ugo piaceva stupire. A cominciare dal titolo della raccolta che non è Ricettario, ma Rigettario, «unicamente perché i miei menù sono ispirati a quella che io chiamo la “filosofia del rigetto”, rifiuto cioè di tutto ciò… che è convenzionale, prestabilito, codificato». È un piatto cremonese che ha allietato la mia infanzia, quando in cucina era tutto un via vai di madri, nonne,zie, vicine di casa. E sì, perché questi marubini richiedono un lavoro d’équipe coordinato e fluido come in una sala operatoria… brrr, che brutto pensiero. La mia equipe era così composta: Maria agli arrosti, Nazzarena alla sfoglia e Ugo al ripieno. Cominciamo con gli arrosti di Maria, per i quali è necessario avere fesa di vitello e lombata di maiale soffregate con uno spicchio d’aglio. Si legano separatamente con spago incolore e tra lo spago e la carne si infilano rametti di rosmarino. Si mettono i due arrosti in uno stesso tegame e si fanno rosolare con del buon burro aggiungendo gli odori, cioè carote, sedano, cipolla e prezzemolo ben tritati. Si fa cuocere e si insaporisce con sale e pepe poi si copre con il brodo e si fa andare a fuoco lento fino a completa cottura delle carni. Se il sughetto asciuga troppo e la carne rischia di attaccare, bagnate con un po’ di brodo. Intanto che gli arrosti cuociono, prepariamo un sfoglia con farina bianca, uova, sale e se occorre (e occorrerà) un po’ d’acqua. Contemporaneamente (ecco la ragione del lavoro di equipe) cominciamo a mettere in una terrina alcuni degli ingredienti per il ripieno e cioè: cervello di manzo o vitello sbollentato e liberato dalla pellicina e poi tritato; alcune cucchiaiate di parmigiano grattugiato e il midollo di un osso di manzo, sbollentato insieme al cervello: Per tutti questi triti è utile il tritacarne nel quale tritare –ma una per una- le varie carni. Triteremo poi anche un po’ di petto di tacchino che prima avremo rosolato rapidamente in un po’ di burro e infine, mortadella e prosciutto di Parma. Grattugeremo poi buccia di limone e chiodi di garofano (veramente grattugiare un chiodo di garofano è di una complicazione incredibile, forse vi conviene pestarlo o usare decisamente quello in polvere). Non ci sarà bisogno, invece, di grattugiare il pangrattato insieme agli amaretti e ai canditi ben pestati, tritati, quasi polverizzati. Metteremo insieme a tutto il resto nella terrina e aggiusteremo di sale e pepe oltre ad aggiungere un bel bicchierino di grappa. E siccome a questo punto gli arrostini di vitello e di maiale sono cotti, passeremo anche loro al tritacarne ormai stanchissimo e verseremo quest’ultimo trito insieme agli altri nella fatidica terrina e mescoleremo il tutto con uova fresche et voilà! Il ripieno dei marubini è pronto e adesso sarà il turno della sfoglia, dalla quale ricaveremo, con il cortello, con gli stampini, o con la ruota dentata, dei ravioli non troppo grandi che tufferemo nel Gran Brodo. Per restare nella tradizione assoluta, il Gran Brodo dovrebbe esser fatto con cappone, coda di manzo, carcassa di faraona e carne di maiale (un po’). In un pentolone pieno d’acqua abbiamo buttato, nell’ordine: la coda di manzo e la carcassa di faraona e infine la carne di maiale. Abbiamo atteso il bollore, abbiamo schiumato col mestolo forato, poi abbiamo messo il cappone e, dopo un’oretta, le verdure, e cioè cipolle (con dentro due chiodi di garofano), porri, sedano, carote, prezzemolo, lauro, qualche pomodorino e 2 patate. Abbiamo atteso la completa cottura delle carni, abbiamo passato il brodo con la garza, abbiamo buttato via la carcassa di faraona e separato le varie carni, servite a parte con salse diverse come secondo piatto. Il Gran Brodo con Marubini invece l’abbiamo scodellato in una grande zuppiera con l’aggiunta, a piacere, di ricco parmigiano, grattugiato direttamente nelle scodelle degli avidi commensali. E le carni? Beh, il cappone lesso l’abbiamo tagliato a pezzi, come la coda di manzo e di maiale e abbiamo accomodato il tutto insieme alle verdure del brodo in un vassoio, accompagnando con la mostarda di Cremona già pronta in vasetti. Ma noi l’abbiamo tolta dai vasetti e l’abbiamo messa in una zuppiera, componendo un magnifica sinfonia di colori. Dopo tutto, era un pranzo per “intellettuali” (un libro è sempre un libro...). [Il riferimento è al libro testimonianza Il rigettario da cui il testo è stato tratto e che Tognazzi andava componendo..] | ||||
S. Antonio abate era, nelle campagne cremonesi, il santo più conosciuto e venerato. Il pranzo, il 17 gennaio, si chiudeva con dolci tradizionali come la sbrisolosa, la chisòola ònta, i biligòt e la ciambella. | Fausto Malinverno | |||
Torta dura di Sant’Antonio (17 gennaio) | ||||
Ingredienti:
Si parte dalla farina bianca, corretta da 3 hg di farina gialla fioretto. Aggiungere nella tortiera lo zucchero precedentemente mischiato alle mentine pestate. A questo punto aggiungere lo strutto e la scorza di limone grattugiata. Mescolare tutto assieme manualmente sino a ottenere un impasto omogeneo ma leggermente grumoso. Versare tutto nella tortiera, precedentemente imburrata, mettendo a forno caldo (150°C). Lo spessore dell’impasto dovrà essere di un paio di centimetri circa. Tempo di cottura: un’ora e mezzo, ma dipende dal forno, quindi sorvegliate. Questa torta dev’essere morbida e friabile, tanto che non si taglia col coltello, ma si spezza. È noto l’episodio, realmente accaduto, di quel poveraccio costretto, per la prima volta, ad usare forchetta e coltello per sbucciare una mela, naturalmente in un ristorante di prim’ordine. Il risultato fu catastrofico perché non solo la mela volò sotto altri tavoli, ma il protagonista si mise a rincorrerla. Per evitare scherzi tale torta, va mangiata adoperando le sole mani, come il grana. Le posate si adoperano quando, per voler essere più pretenziosi, si inumidisce la torta di S. Antonio con mezzo bicchiere di buon Porto o di Grappa. (Fausto Malinverno del caffè “La Crepa”) | ||||
Durante il carnevale in città, ma soprattutto in campagna, gruppi di bambini e di ragazzi giravano mascherati di casa in casa recitando strofette scherzose e pretendendo in cambio dolci e frittelle. | Osteria de l’Umbrelèer | |||
Bumbunèen de Sicugnòla | ||||
(dolcetti di Carnevale di Cicognolo) Ingredienti per circa 100 biscotti:
Preparazione: Impastate con cura tutti gli ingredienti. Tirate con il matterello una sfoglia e tagliate da questa delle strisce. Con delle formine ritagliate dei biscotti che metterete in una teglia imburrata. Fate cuocere in forno a 130° per circa tre quarti d’ora. Sono i tipici dolcetti di Carnevale che vengono ancora oggi distribuiti ai bambini. (Osteria de l’Umbrelèer, Cicognolo) | ||||
Ricette della settimana santa | Luciano Dacquati | |||
Il Giovedì santo Nelle case contadine, venivano confezionati biscotti a base di uova raccolte durante la Quaresima e conservate nel grasso d’oca... Si prendono quattro uova, si sbattono e si lasciano riposare. Intanto con la frusta sbattono i quattro albumi e quando sono ben montati si uniscono ad una manciata di farina e a un po’ di scorza di limone grattugiato... All’impasto si aggiunge un po’ di cannella in polvere e i tuorli sbattuti. Si tira la pasta aggiungendo, se occorre farla diventare più consistente, ancora un po’ di farina (in questo caso va bene anche quella gialla di granoturco). Prima di metterla in forno (ma una volta si metteva in tegami di rame sul camino tenuto a bassa temperatura...) si tagliava in forme simpatiche: i biscotti destinati alle bambine venivano tagliati a forma di bambola e ornati con piccoli confetti dorati o argentati; mentre per i maschietti la raffigurazione era di un cavallino, anch’esso ornato sulla schiena e sulle orecchie, da confettini colorati... Quasi sempre questi rustici dolcetti venivano mangiati il lunedì d’Angelo La sera del Giovedì santo… Due grosse zuppiere venivano riempite d’acqua: nella prima si ponevano fagiolini dell’occhio, nella seconda lenticchie (tre quarti d’acqua e un quarto di legumi). La mattina del Venerdì santo si preparava un soffritto fatto con mezzo bicchiere di olio di semi (òoli gròos) o d’oliva (òoli fèen) con l’aggiunta di cipolle tagliate a fette, qualche foglia di salvia o di rosmarino e poi i legumi... Al primo rintocco della campana di mezzogiorno si versava la cunsèerva prufumàada, cioè quella arricchita da basilico, salvia e rosmarino. Quando era pronta la zuppa si mangiava con il pan biscotto Òof in ciàpe Il giorno di Pasqua si mettevano in tavola le uova sode tagliate in verticale e poste su un piatto con la parte rotonda all’insù, acquistando così la forma della ciàpa. In ognuna delle semiuova si piantava una fogliolina di ulivo presa dal ramo benedetto portato a casa la domenica delle palme. (da Speciale Pasqua a cura di Cinzia Franciò e Maria Grazia Teschi. Testi di Luciano Dacquati, «La Provincia» 2 aprile 2010) | ||||
Ricette Soresinesi | Giorgio Armelloni | |||
Salsa verde Da usarsi sulle uova in occasione del tradizionale pic-nic alla fiera di Ariadello dove si mangiava seduti per terra o su balle di paglia: fate rosolare in una padella due cucchiai di pane grattugiato con un cucchiaio di olio di oliva e lasciate raffreddare. Mettete in una terrina quattro o cinque cucchiai di prezzemolo tritato con due spicchi d’aglio e rendetelo cremoso aggiungendo olio d’oliva; unite il pane grattugiato rosolato, un cucchiaio di capperi tritati, il tuorlo di un uovo sodo ed un pizzico di sale. Mescolate bene fino ad amalgamare tutti gli ingredienti ed unite uno o due filetti di acciuga se voleste una salsa più saporita. Torta Paradiso Indispensabile al pic-nic anche la torta paradiso i cui ingredienti sono: 300 g di fecola di patate, 300g di zucchero, 200 g di burro Soresina, 6 uova, mezza bustina di lievito per dolci, una bustina di zucchero a velo e un poco di farina bianca. Nel giorno di S. Antonio a Soresina c’era l’abitudine di cucinare un piatto molto povero che serviva a cambiare la minestra solita delle cene d’inverno: Zuppa di castagne secche Ingredienti: 500 g. di castagne secche, zucchero a piacere, due cucchiai di miele, due chiodi di garofano e una fogliolina d’alloro. Mettete in ammollo per due otre ore le castagne secche e poi togliete con cura tutte le pellicine che ancora le ricoprono. Mettetele a bollire in abbondante acqua con i chiodi di garofano e l’alloro fino a che saranno morbide. Aggiungete il miele e lo zucchero, fate cuocere ancora per circa un quarto d’ora e servitele ben calde. Altra tradizione di Soresina è festeggiare S. Rocco il 16 agosto con un buon piatto di gnocchi di patate. Gnocchi Ingredienti: 1’2 kg di patate, 300 g di farina bianca 00, 1 uovo fresco Vin brulè Per le fredde serate in occasione dei canti della merla non c’è niente di meglio per riscaldarsi. Ingredienti: 10 litri di vino rosso (barbera, gutturnio, o altro), 1 kg di zucchero, 2 limoni e 2 arance tagliati molto sottili, 1 mela spellata e tagliata finemente, 20-25 chiodi di garofano, cannella a piacere, 1 manciatina di semi di finocchio. In una pentola capiente mettere il vino, aggiungere lo zucchero, portare ad ebollizione e continuare per circa 15 minuti. Servire in bicchieri: non ci sarà freddo che tenga! (da: Sapori e profumi soresinesi, a cura di Giorgio Armelloni, edito da Pro Loco, Soresina, sid ) | ||||
Alla rugiada della notte di San Giovanni si attribuivano benefici effetti: i contadini andavano la mattina presto nei campi a piedi scalzi,bagnandosi con la rugiada le braccia e le gambe per curare malattie della pelle e reumatismi. le noci ancora verdi venivano raccolte proprio in quel giorno ed utilizzate per preparare il nocino, un liquore casalingo a cui sono attribuite proprietà digestive. | Ristorante al Caminetto | |||
Nocino | ||||
Ingredienti (per 3 bottiglie di liquore):
Preparazione: Dividete le noci in quattro parti e mettetele in un vaso capiente. Versate sopra le noci l’alcol e uno sciroppo fatto mescolando, a freddo, il vino con lo zucchero.Tenete il vaso esposto alla luce del sole per 30 giorni, agitando di tanto in tanto, quindi filtrate e imbottigliate. Consumatelo come digestivo dopo almeno due mesi. La tradizione vuole che le noci siano raccolte il 24 giugno, giorno di S. Giovanni, prossimo al solstizio d’estate. Vi sono varie versioni del nocino: alcuni usano il vino bianco, anziché quello rosso. C’è anche chi lo aromatizza con cannella, chiodi di garofano, scorza di limone. (Ristorante Al Caminetto, Scandolara Ripa d’Oglio) | ||||
San Genesio non è un santo venerato a Cremona, ma potrà forse diventarlo da quando i volontari Touring per il patrimonio culturale lo hanno fatto riscoprire ai cremonesi, dipinto in due affreschi conservati nella chiesa di S. Maria Maddalena. La ricetta del liquore è riportata in un curioso testo, A tavola con i Santi, che abbina una ricetta a un santo descrivendo gli usi gastronomici che riguardano diverse località d’Italia. | Giancarla Visconti Saronni | |||
Liquore di San Genesio | ||||
Ingredienti:
Preparazione: In un vaso di vetro mettere in fusione gli ingredienti nell’alcol cui avrete aggiunto 1,50 decilitri di acqua bollita e raffreddata. Lasciate macerare per 15 giorni, scuotendo di tanto in tanto il recipiente. Filtrate e aggiungete 4,30 decilitri di acqua bollita nella quale avrete diluito, ancora a caldo, 400-450 gr di zucchero. Preferendo un liquore dal gusto più amarognolo sostituite alla genziana 5 gr di foglie e fiori di assenzio romano. Questo liquore, di antica tradizione, è consigliato per le sue proprietà cardiotoniche e digestive. L’ho preparato perché la chiesa di S. Maria Maddalena di Cremona conserva due affreschi raffiguranti il santo, protettore degli artisti, in abito da menestrello con un antico strumento a corda in mano. La sua festa cade il 25 agosto, giorno della sua morte. Giancarla Visconti Saronni | ||||
Il 1° novembre, per riscaldarsi dopo le visite ai cimiteri era consuetudine mangiare cibi caldi come fagiolini con le cotiche, zuppe di ceci, fave. Si preparavano in casa molti dolcetti che oggi si comperano in pasticceria. | Giancarlo Maria Duranti | |||
Fave dei morti | ||||
Ingredienti:
Preparazione: Sbucciate le mandorle dolci dopo averle messe in acqua molto calda per alcuni minuti, pestatele nel mortaio assieme allo zucchero, poi unite l’alchermes, la cannella, la scorza di limone, il burro, la farina, l’uovo sbattuto. Mescolate, impastate, lavorate fino a che la pasta sarà morbida, formate dei bastoncini di circa 2 cm di grossezza che taglierete in tanti pezzetti, come piccole noci, a cui darete la forma di fava schiacciandoli leggermente. Spennellateli con l’albume, disponeteli su una teglia unta di burro, infornate per circa 20 minuti a calore moderato. (Giancarlo Maria Duranti, Della Soavità) | ||||
L’oca, a lungo definita il maiale dei poveri perché, come si fa col maiale, nessuna sua parte veniva sprecata, era preziosa fonte di sostentamento per le famiglie contadine. Tre le ricette della tradizione cremonese qui suggerite: | Claudio Nevi | |||
Oca cotta sotto sale: l’oca coperta interamente dal sale grosso con all’interno un po’ di aromi, va cotta in forno( 1 ora per kg )a 180 gradi. Batù di oca: togliere la pelle e fare a tocchetti l’oca, fondere la pelle a pezzetti a fuoco lento, cuocere la carne in una parte del grasso ottenuto, salare. Disporre la carne in vasi a chiusura ermetica e coprire con il grasso rimanente aromatizzato con alloro. Oca con funghi chiodini: tagliare l’oca a pezzetti e marinarla il giorno prima con sale, pepe, aglio, limone e vino bianco. Sbollentare i chiodini mondati in acqua salata. Preparare un soffritto di scalogno, sedano e olio; dopo averlo rosolato mettere la carne a rosolare per bene, sfumare con brodo di carne e cuocere a fuoco lento. A metà cottura aggiungere un cucchiaio di concentrato di pomodoro e i funghi e finire di cuocere addensando la salsa. Servire con polenta fresca (Claudio Nevi, Ristorante la Sosta, Cremona) | ||||
Le lumache non devono mai mancare sulla tavola della vigilia di Natale: le corna alludono al maligno,alla discordia e perciò vanno sepolte nello stomaco per prepararsi alla pace del Natale. | Emilio Sacchi | |||
Lumache con le spinaci (Vigilia di Natale) | ||||
Ingredienti:
Preparazione: Sbollentare la polpa di lumaca in acqua leggermente salata per un ora e mezza Lasciare raffreddare le lumache ben scolate per un’ora Soffriggere le lumache per 10 minuti nel burro e aglio Scolare le lumache Preparare un soffritto con olio e cipolla aggiungere le lumache gli spinaci e salare Continuare fino alla completa cottura degli spinaci, all’occorrenza aggiungere un poco di buon brodo vegetale. (Emilio Sacchi, Agriturismo Breda, Castelverde (Cremona ) | ||||
È un dolce di tradizione recente in cui non ci si limita a comperare il panettone, ma lo si rielabora con altri ingredienti e lo si porta in tavola riccamente guarnito. | Lydia Galetti Visioli | |||
Anello di Natale | ||||
Ingredienti:
Preparazione: In un tegame largo si mette lo zucchero, il cioccolato in pezzi e il latte che si faranno sciogliere al fuoco. Si aggiunge poi il panettone dopo averlo sbriciolato e aver tolta la parte di crosta scura. Mescolando si lascia il composto sul fuoco ancora qualche minuto. Quando è tiepido si unisce il burro, e, a poco a poco, la farina e il liquore. Si aggiungono i due tuorli e le chiare montate a neve, infine il lievito. Si versa il dolce in uno stampo da ciambella imburrato e infarinato. Si pone in forno già caldo (180°) e lo si lascia per 30 minuti. Questo dolce è buono caldo oppure freddo, ma ricoperto da zabaione o da panna montata. (Lydia Galetti Visioli in Cui pée sòta’l tàaol) | ||||